STEFANA LUPU
"Noto che l’improvvisazione funziona solo dopo che ho giá ottenuto i miei scatti sicuri, per il resto la evito."
Dopo una laurea in grafica in Italia e una in psicologia a Bucarest Stefana ha deciso di trasferirsi permanentemente nella "piccola Parigi" dove attualmente lavora in un duo fotografico insieme al suo compagno.
Le abbiamo fatto qualche domanda a proposito del suo operato.
Credi che il tuo gusto personale ti sia d'aiuto nel tuo lavoro?

Fino a un certo punto, perché il gusto personale è di per sé limitante. Quello che serve sviluppare è il gusto, generico e universale, senza il quale sarebbe difficile operare dato che ne fai uso in fase di ricerca, in fase di scatto, in fase di selezione e in fase di post. Hai questi quattro momenti distinti per renderti conto di star facendo una cazzata, e in fotografia è molto facile cadere nel ridicolo, la considero la mia paura più grande. Il gusto è il tuo faro guida, che sia personale o no poco conta, io lo vedo come un muscolo che puoi allenare attraverso l’osservazione di materiale visuale di vario genere. Qualsiasi cosa conta, puoi trovare l’armonia nel catalogo dell’Esselunga.
Vedendo a che punto sei arrivata nel tuo percorso lavorativo, è come te lo saresti aspettata? E come ti aspetti il futuro?
Sono appena partita. Scatto da tre anni quindi puoi considerarmi ancora una junior nonostante faccia parte di un duo di cui l’altra metà, nella vita e sul lavoro, ha qualche anno di esperienza in più. Non mi considero un genio con una visione o graziata dal dono, quindi il salto di qualità lo posso effettuare solo attraverso esercizio e ripetizione, ma ho l’occhio abbastanza formato per sapere che quello che faccio non è ancora abbastanza.
Non penso mai apertamente al futuro, mi mette ansia.
Come descriveresti la tua identità creativa?
In quello che faccio ritrovo molto l’estetica del design grafico, che è stato il mio primo approccio alla creatività. Credo che a livello cognitivo in fase di ritocco faccio uso degli stessi processi mentali che in passato usavo in grafica. Il mio occhio trova conforto in allineamenti al limite del maniacale, blocchi di colore, un’estetica semplice e pulita. Il rapporto con i miei modelli non è di superiorità come spesso vedo succedere, evito apertamente di mostrarmi autoritaria perché considero inibisca, e ho bisogno che non accada. L’unico caso in cui mi concedo di dire “stop, ferma tutto” è quando la modella, solitamente agli inizi, entra in pieno archetipo di donna vogliosa e arrapata. Occhi chiusi, bocca aperta, mani sul collo. NOOOO, voglio rappresentarti come un essere divino, innocente, immateriale, che non desidera, non é presente, non é guidato dagli istinti. Chiudi quella bocca!
Organizzi sempre allo stesso modo i tuoi lavori?
Sì, mi piace arrivare preparata sul set, mi fa sentire in controllo e allevia la mia ansia di base. Se posso arrivo anche mezz’ora prima del call time. Noto che l’improvvisazione funziona solo dopo che ho già ottenuto i miei scatti sicuri, per il resto la evito. Mi presento sempre con reference per tutto quello a cui puoi pensare: luci, tonalità, pose, espressioni, inquadrature, capelli, make-up, styling. Se tutto va come programmato, lo scatto in sé diventa il momento meno importante; il vero lavoro lo fa il tipo di luce, il modo in cui si dirige il posare, la selezione finale e l’editing.